Ecorifugio Ponte di Ghiaccio, tra due valli un’eco di sostenibilità

Ecorifugio Ponte di Ghiaccio, tra due valli un’eco di sostenibilità

Un contesto mozzafiato da riverire, condizioni climatiche logoranti, una natura irruenta da preservare e da cui attingere, un pubblico attento ed esperto: costruire in alta montagna rappresenta forse il compito più arduo e più affascinante con cui un architetto può misurarsi. MoDus Architects accetta la sfida, aggiudicandosi il concorso per la completa ristrutturazione del vecchio rifugio Ponte di Ghiaccio (Edelrauthütte), nel cuore delle Alpi Aurine, tra Fundres e Lappago, completato nei primi giorni del settembre 2016.

Il progetto vincitore ritrae un’architettura essenziale, che strizza un occhio all’autosufficienza energetica e un altro alla tradizione costruttiva montana, rimaneggiandone le forme all’insegna della sobrietà e della semplicità, declinando con forza e convinzione la più ancestrale delle funzioni, quella del riparo dal freddo, dalla neve e dal vento: il Rifugio per l’appunto.

Dallo storico rifugio Edelrauthütte, realizzato nel 1909 ed in seguito ricostruito dopo la Seconda Guerra Mondiale, prende forma il nuovo: un volume essenziale, completamente serrato a nord e schiuso verso sud, quasi a voler rimarcare, già nell’esposizione e nel linguaggio stilistico, la manifesta intenzione di sfruttare al meglio tutte le risorse naturali che la montagna mette a disposizione.

La nuova baita Edelrauthütte  si articola in 3 piani fuori terra ed un piano interrato, ricavato sfruttando il declivio naturale del terreno, eseguendo uno scavo di soli 120 cm. Il piano terra ospita tutte le funzioni comuni quali la cucina, i servizi, l’accesso agli spazi esterni, i collegamenti ai piani superiori e la Stube, la classica sala da pranzo ladina. Nello stesso piano sono inoltre stati previsti gli alloggi dei gestori. I piani sovrastanti sono completamente dedicati alle camere da letto e alle cuccette, suddivise in alloggi da 2, 4, 6, 8 posti letto con i relativi servizi. Il bivacco invernale, una volta ospitato in una struttura separata, è stato inserito all’interno e investito della duplice funzione di ampliamento del bivacco estivo e di dormitorio invernale vero e proprio, accessibile anche dall’esterno attraverso un’apposita scala. Il piano interrato è riservato esclusivamente agli impianti e ai locali tecnici.

Il legame con la preesistenza è fortissimo. Il vecchio rifugio viene inglobato nel nuovo, proprio nel punto dove hanno origine le due ali aggiuntive dell’impianto, lasciandone volutamente visibili le fondazioni in pietra. Il nuovo riemerge dal vecchio ed il vecchio lascia, pian piano, spazio al nuovo, in un’eco continua di rimandi e citazioni. Durante le prime fasi di cantierizzazione, la vecchia struttura è stata completamente tenuta in vita, in modo da fungere da ricovero notturno per le maestranze impegnate nelle operazioni di costruzione e da mantenere il più possibile attiva la funzione di rifugio nei confronti di escursionisti ed alpinisti in cerca di un riparo. Una volta terminate le ali laterali, il vecchio rifugio è stato completamente demolito: le ceneri della baita originaria lasciano spazio al cuore pulsante della nuova costruzione, la Stube, che simultaneamente si affaccia con grandi aperture sulle due vallate a nord e a sud, Pfeifholdertal e Fundes, tra le quali il rifugio stesso funge da punto di connessione, un ponte di ghiaccio tra due valli e due laghi.

Fonte: www.rinnovabili.it