Giornata mondiale dell’acqua: il punto delle Nazioni Unite

Giornata mondiale dell’acqua: il punto delle Nazioni Unite

La Giornata Mondiale dell’Acqua, un appuntamento fortemente voluto dalle Nazioni Unite e che viene celebrato ogni anno il 22 marzo dall’ormai lontano 1992, non può essere solo una ricorrenza dove si consumano le parole.

È opportuno invece cogliere quest’occasione per soffermarci su un elemento così vitale per la nostra quotidianità, soprattutto in un momento storico in cui si parla di cambiamenti climatici che influiscono sull’ambiente e, tra questi, sull’acqua, purtroppo scarseggiante in più zone del Pianeta.

L’acqua invece dovrebbe essere accessibile a ogni individuo al mondo, in quantità e qualità adeguate. L’Onu questo lo sa bene, e non a caso nel 2010 ha iniziato a riconoscere all’acqua lo stato di diritto umano fondamentale.

Nonostante ciò, la risorsa idrica in più Paesi è ancora tra le cause di guerre e instabilità politiche, e anche per questo motivo, oltre alle prolungate siccità che colpiscono la Terra da anni per via dei cambiamenti climatici, scarseggia.

Secondo le Nazioni Unite, così come altre autorevoli organizzazioni internazionali, almeno 20 litri d’acqua al giorno devono essere disponibili per una persona nel raggio di un chilometro; tuttavia, se nei paesi sviluppati questa disponibilità giornaliera pro capite oscilla tra i 200 e i 300 litri, in Africa ci sono nazioni dove il consumo medio garantito pro capite al giorno è inferiore ai 10 litri.

Proprio questa settimana in Brasile l’ONU presenterà il suo rapporto annuale sull’acqua, intitolato United Nations World Water Development Report, uno studio che dal 2012 rappresenta la pubblicazione più autorevole sull’universo dell’acqua, e che non dà segnali incoraggianti per l’oggi, e nemmeno per il domani.

Due miliardi di persone non riescono ad accedere all’acqua potabile, e di questo passo nel 2050, quando si prevedono nove miliardi di esseri umani al mondo, il numero salirà di un altro miliardo, portandosi a tre.

Una situazione drammatica, già visibile nelle zone dove, scarseggiando, diventa oggetto di contesa, come tra israeliani e palestinesi, come tra ancora Israele e il Libano, come tra India e Cina nella zona del Brahmaputra.

Le alterazioni climatiche in corso poi – oggetto di discussione da anni, sulla scia di Cop21 a Parigi, la Conferenza Internazionale sul Clima che ha acceso i riflettori sul tema ormai a fine 2015 e proseguita nei successivi consessi di Marrakech e Bonn – rischiano di aggravare questo quadro e certo non di migliorarlo.

In Sudafrica a Cape Town non piove come dovrebbe da tre anni ormai, l’acquedotto cittadino è prosciugato da mesi e la città corre ogni giorno il rischio di svegliarsi con i rubinetti all’asciutto. Nel Sahel, in Africa centrale, 135 milioni di persone rischiano la vita a causa del prosciugamento idrico, causato da una temperatura media che potrebbe salire di ben 5 gradi di media da qui al 2050 e di 8 addirittura fino al 2100.

A rischio ci sono anche alcune metropoli apparentemente insospettabili, soprattutto per casi di inquinamento. A Mosca, in Russia, l’acqua potabile non soddisfa gli standard di qualità e sicurezza per il 60% delle fonti. Al Cairo, in Egitto, il 97% dell’acqua utilizzata dalla popolazione proviene dal Nilo, che però è anche la destinazione finale di scarichi di rifiuti agricoli che non subiscono adeguato trattamento prima di essere riversati nelle acque.

Situazioni spot che si verificano in altre zone del mondo e che stanno mettendo a rischio la vita di milioni di persone. Come possiamo contribuire? Cosa possiamo fare? Maggiore attenzione nel risparmio idrico è intanto il modo più sicuro per scongiurare future crisi.

Noi italiani in primis possiamo fare di più: secondo l’Istat infatti, in Italia consumiamo in media 175 litri di acqua ciascuno al giorno, con picchi superiori a 220 litri in alcune zone. In Spagna e Francia per esempio, la media è di 150 litri pro capite al giorno.

È fondamentale quindi gestire noi stessi sotto questo punto di vista secondo i limiti previsti dalla natura, per non trovarci un giorno in una situazione irrecuperabile che, per quanto catastrofica, non appare così lontana.

(Alfredo De Girolamo, Huffington Post)