Mondiali 2018, la partita per la democrazia ambientale è un derby baltico

Mondiali 2018, la partita per la democrazia ambientale è un derby baltico

Mentre in Russia sono in corso i Campionati mondiali di calcio organizzati dalla Fifa, la più importante manifestazione calcistica internazionale, abbiamo provato a immaginare chi potrebbe vincere i mondiali del rispetto delle norme ambientali stilando una classifica dei paesi più impegnati nella conservazione della natura e nel coinvolgimento dei cittadini basata sulle decisioni che hanno un impatto sull’ambiente. Se in ambito calcistico le prime tre nazioni al mondo sono rispettivamente Germania, Brasile e Belgio, la regione baltica domina l’indice che si basa sulle leggi emanate per proteggere quella che viene definita “environmental democracy”, la democrazia ambientale. In cima alla classifica troviamo due stati davvero poco popolosi che, rispettivamente, ospitano circa tre e due milioni di abitanti, più lo meno lo stesso numero delle persone che vivono a Roma.

Troppo spesso le persone vengono escluse dai processi decisionali che riguardano la trasformazione e lo sfruttamento dell’ambiente in cui vivono. Questo è solitamente dovuto a leggi deboli che limitano l’accesso pubblico alle informazioni, non consentono alla cittadinanza di partecipare attivamente alle decisioni e non garantiscono giustizia quando vengono commessi danni ambientali.

L’obiettivo della democrazia ambientale è preservare la salute delle comunità e del loro ambiente, un obiettivo fondato sul principio che la partecipazione attiva dei cittadini garantisca un utilizzo equo delle risorse ambientali. La democrazia ambientale fornisce dunque uno standard per come le decisioni dovrebbero essere prese ed è basata su tre diritti fondamentali: la possibilità per le persone di accedere liberamente alle informazioni sulle risorse e sui problemi ambientali, di partecipare significativamente al processo decisionale e di chiedere l’applicazione delle leggi in difesa dell’ambiente o il risarcimento danni.

Per effettuare confronti globali e condividere le buone pratiche è stato sviluppato l’Environmental democracy index (Edi), indice che valuta questi parametri attraverso un insieme di linee guida internazionalmente riconosciute elaborate dal Programma delle Nazioni Unite per l’ambiente (Un Environment).

La classifica stilata con l’indice valuta 70 nazioni. Per giocare con il parallelismo con i mondiali di calcio, abbiamo preso le prime 32 nazioni presenti nella classifica Edi (tante quante le squadre che partecipano al torneo calcistico) e le abbiamo divise in gironi, facendole sfidare tra loro. Le sorprese non mancano, il continente europeo, complessivamente, fa bella figura, nella parte alta della classifica troviamo anche numerose nazioni americane e africane, mentre l’Asia se cava meno bene.